Reading Contemporary Works in Two Examples
1. Seeing Performance Art
Quella che osserviamo è la fotografa di una scena, di un momento d’espressione artistica in cui l’ambiente e l’uomo interagiscono, che viene, durante la realizzazione, con uno “scatto” resa opera d’arte apparentemente bidimensionale. L’immagine riprodotta valorizza l’irripetibilità dell’azione ed ogni scena diventa opera d’arte unica. La rappresentazione, come la realtà osservata e dipinta, viene studiata, immaginata, riprodotta attraverso l’occhio fotografico attento a cogliere l’istante creativo.
Progettazione, performance, descrizione: lo spazio diventa element fondamentale della messa in relazione tra figure ed oggetti, vuoto e pieno, buio e luci, linee e forme. Nasce la composizione.
L’arte contemporanea è contaminazione, alla ricerca di nuove espressioni, in bilico tra lezioni del passato ed esigenze-dimensioni del futuro. Pittura, architettura, scenografia, danza e quindi….corpo, fotografia, ambientazione, azione-performance. Ed ecco che si manifesta la creatività di Benedetta Tagliabue Miralles.
L’immagine-opera diventa elemento unico, rimane ciò che la vista dell’osservatore guarda e memorizza. Anche questo quadromomento vive di equilibri e dissonanze, una composizione strutturata.
Linee e colori giocano all’interno dell’impianto scenico e lo dividono in due parti. La parte sinistra è piena: masse e vuoti, luci e piani intersecati. Nella parte destra prevale la zona scura, le musculature diventano forme, il vuoto diventa pieno-materia.
La scena è suddivisa anche in due piani paralleli: sopra e sotto, separati da una ipotetica linea d’orizzonte centrale. Quello sovrastante ha la parte sinistra, di chi osserva, riempita da una narrazione architettonica che si esplica nella verticalità e che suggerisce l’intento di una aspirazione verso l’alto senza complicare, come accadeva nella elevazioni architettoniche mistiche del Medioevo, i rapporti tra i piani. E’ una iconografia che richiama le grandi simbologie di importanti edifici, forse di cattedrali gotiche. La figura centrale, illuminata, entra a far parte della costruzione, il corpo si distingue, illumina e, per assonanza, conduce la nostra vista verso le immagini in primo piano.
Nella parte inferiore, i quattro corpi dialogano tra loro armonicamente. Sono sculture: due di essi producono, tramite slanci esterni con le gambe tese ad “angelo”, un piano orizzontale, che richiama la base della piattaforma su cui si erige l’immagine illuminata dentro l’edificio-installazione. Questi corpi danzanti aprono, con geometrie, i propri contorni verso lo spazio circostante.
Diverso è il rapporto tra vuoto e pieno realizzato dal movimento degli altri due corpi: il pieno-figura è delineato dal vuoto e ciò si percepisce soprattutto osservando la zona scura all’interno della gamba destra piegata. La perpendicolarità dei corpi non è rigida e si combina con il movimento circolare, dettato dalla posizione delle braccia: le linee segnano, come tratti di matite sui fogli, per riempire lo spazio.
Anche in questa scena, come nei quadri, la prospettiva ha un ruolo importante e cambia il suo fulcro tra il “sopra” ed il “sotto” della fotografia-performance. La luce si amalgama ed interagisce con l’intera composizione, senza sovrastare forme e linee, formando delle geometri ottiche.
Si osserva la messa in scena, attratti da una scenografia di danza nello spazio, coinvolti da una tridimensionalità resa bidimensione per poterla vivere successivamente, quando ormai la performance è finita.
La spazializzazione è elemento fondamentale nell’interpretazione di quest’opera. Ci sono diverse spazialità: la profondità oltre la superficie dettata dalla scena fotografata, la profondità che coinvolge lo spettatore, lo spazio-supercifie della bidimensionalità dell’immagine-esempio riprodotta e “fermata”. I vari spazi, per chi osserva, interagiscono tra loro. Astrazione e figurazione.
Nell’immaginare cosa c’è oltre la scena riprodotta e dall’osservatore analizzata, ci si rende conto che la performance d’arte vive momenti distinti e separati se si vede durante l’azione o, come spesso accade nell’atto di documentare, guardando un’immagine che la rappresenta (fotografia). Noi, con questa immagine, vediamo il “tempo rappresentato” (ciò che vediamo “ora”) che è diverso dal “tempo della rappresentazione” (il tempo dell’esecuzione). Conseguentemente, destra e sinistra, prima e dopo, ciò che è dentro e ciò che è fuori, sono categorie relative, ancor più che nella lettura di un quadro o di una scultura, anche astratti.
2. Seeing a painting
Osservando questo quadro di Valerio Adami si nota innanzitutto un impianto scenico decostruzionista, suddiviso in due “racconti”, delineati da una linea orizzontale centrale. L’orizzonte centrale ci obbliga a tagliare il quadro in due primi piani. Dal primo emerge la figura di Alfieri, nel secondo emerge parte del corpo del protagonista ed una carta-figura.
L’effetto visivo è di contrasto più che di contatto. Le due parti si distinguono sia per le tonalità cromatiche, verde e giallo prevalgono in alto e rosa-arancio nella parte sottostante, che per l’azione descritta. Le scritte suggeriscono due momenti della vita del protagonist raffigurato: Vittorio Alfieri, drammaturgo, poeta e scrittore.
In alto “V.A. nell’atto di”, sicuramente, fare “qualche cosa” , non si sa cosa da quel volto dipinto in ampie inquadrature, in cui gli spazi si alternano in modo armonico, senza troppi contrasti di forme e linee, valorizzando curve e rotondità. Immagini-pensiero che vivono dentro ad un viso privo d’occhi, rivolto verso il davanti e lateralmente (prospettiva emergente).
Cosa sta per fare Alfieri viene definito dalla scritta sottostante “farsi legare alla seggiola”. Ed ecco che lo spazio, in questa inquadratura, è costituito in prevalenza da line orizzontali, verticali, oblique. Le parti raffigurate producono un triangolo rivolto verso il dentro, centralmente (prospettiva immergente).
Due scene di uno stesso dramma. Mitologia moderna. In alto una sorta di maggiore disciplina nel disegno (illuminismo) con atmosfera malinconica-romantica invece nella parte inferiore più movimento di linee (romanticismo) più razionalità nella sintesi. La forma ed il movimento, all’interno dell’opera, rappresentano anche due pensieri, due filosofie, due momenti dell’esistenza dell’uomo, non solo di Vittorio Alfieri. Spazi e tempi della vita.
Il racconto di Adami, che ama giocare con rebus, anagrammi, tra psicologia ed intuizione, rappresenta un atto della vita di un artista, anche quella dell’autore (V come Valerio, A come Adami).
E’ come se l’osservatore fosse a teatro, il palco è illuminato da luci, sia nel bordo inferiore che in alto a sinistra, di chi guarda. Una mano, in basso a destra, entra nella scena e propone e s’impossessa di uno spazio, creando una linea virtuale tra esterno ed interno del quadro. Questa relazione di spazi diversi fa sì che la narrazione si attua al meglio proiettandosi fuori dal quadro, guardata dallo spettatore e dal pittore. Il collegamento tra il fuori ed il dentro della tela è suggerita anche dal viso di Alfieri che, attraverso uno sguardo che non è raffigurato ma possiamo immaginare, si proietta fuori dal quadro ed invita lo spettatore a penetrare nell’opera e creare un percorso in prospettiva, circolarità, piani differenti, spazio inglobato e spazio inglobante.
Le forze dei contorni, ben marcati, tolgono omogeneità e, soprattutto, contaminazione tra le parti. La decostruzione non raggiunge il caos ma viene stabilita da regole che dirigono l’impatto visivo. L’occhio si sofferma sull’insieme e poi viene diretto verso singole geometrie. L’alternarsi di numerose linee a volte bloccano la raffigurazione e creano maggiore staticità. Soprattutto la parte inferiore dell’opera, ci dà un senso di pesantezza, fissità, valorizzando l’atto del “legare-bloccare” nonostante le gambe siano dipinte con il tentativo di renderle aperte e dinamiche.
Tra gli assi verticali si notano quelli creati dal rapporto, sulla destra, albero e figura manichino della carta. I contrasti cromatici sono suddivisi nella parte superiore ed inferiore, ogni piano è orientato da altre relazioni di luci-toni di parti grandi e piccolo (peso, massa), opache e luminose. I toni separano il primo dal secondo piano e, nella parte superiore, il lato destro da quello sinistro. Le forme descritte rafforzano la piattezza della tela, rendono
About the Author
A graduate of Art History, art critic Genny Di Bert is Professor of Modern Art for RUFA Academy in Rome. She has been lecturer on “The Phenomenology of Contemorary Art” and Art History” for the Accademia Brera of Milan, Accademia Belle Arti of Palermo, NABA of Milan and Catholic University of Milan. She is curator of the Eleutheria Art Foundation in Prague. In Italy, she is Tribunal expert on Modern Art and a member of the National Association of Journalists. She has authored several non-fiction books and has published several articles about art, costume and society. She is also columnist in Progetto Repubblica Ceca and Il Domani d’Italia. She collaborates with museums, galleries, publishing houses and international institutions. Among the exhibitions she has curated: The New Europe in Biennal of Venice 1995, Unimplosive Art in Biennal of Venice 1997 and many initiatives within the European Mediterranean Cultural Exchanges. Most recently, she has collaborated with Vittorio Sgarbi for the Biennale of Venice 2011 and for all Special Art Events for Italian Pavillon, in occasion of the Century Italy’s Unity.